Generazioni a confronto

I videogame: tra scuola e lavoro

a cura di Fabrizio Pennino*

È possibile educare l’Italia all’arte dei videogame?

I pre-giudizi sono delle strutture mentali volte alla comprensione di ciò che ci circonda. Attorno al mondo dei videogame ruotano tanti pregiudizi e falsi miti.

Cosa sono i videogame? Sono un media come il cinema, la fumettistica o la fotografia; un mezzo attraverso il quale esprimere una storia o un’esperienza.

Come qualsiasi media si suddivide in categorie e generi:

  • building game: dove è possibile dare spazio alla creatività tramite costruzioni;
  • gli MMO (Massively multiplayer online game: dei giochi in cui si incontrano un elevato numero di compagni videogiocatori;
  • i GDR (giochi di ruolo): all’interno dei quali la storia o le statistiche di gioco sono modificabili;
  • gli open word: dei giochi fatti da un mondo vastissimo da esplorare e conquistare ...

L’OMS, tuttavia, definisce le esperienze videoludiche in due modi agli antipodi: da un lato riconosce l’esistenza del “gaming disorder”, una vera e propria patologia che comporta “il fatto che anche quando si manifestano le conseguenze negative dei comportamenti non si riesce a controllarli – continua Vladimir Poznyak, psichiatra dell’OMS – e il fatto che implica problemi nella vita personale, familiare e sociale, con impatti anche fisici, dai disturbi del sonno ai problemi alimentari.” Dunque, un qualcosa di reale e diagnosticabile. Dall’altro, spinge per implementare i videogiochi come mezzo per socializzare a distanza e come strumento da utilizzare all’interno delle scuole.

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In Polonia, ad esempio, per l’anno scolastico 2020/2021 è stato introdotto “This war of Mine”, un gioco single-player dove si vive la guerra dal punto di vista di un civile e non di un soldato o di generale, come possibile strumento educativo, attraverso il quale insegnare la storia in primis ma anche la filosofia e l’etica.

Infine, giochi come EA FC 24 o Rocket League sono diventati non solo un mero passatempo ma un vero e proprio lavoro, tramite live streaming o gameplay pre-registrati o tramite la partecipazione a campionati o competizioni internazionali chiamati “egames”.

L’european schoolnet (un’unione di 34 ministri dell’istruzione con base a Bruxelles), infatti, ha redatto un manuale che potrebbe fungere da programma scolastico qualora il “videogame” fosse oggetto di studio. Bisogna rendere consapevoli della pericolosità dello strumento ma anche delle sue potenzialità, bisogna capire le funzionalità d’ogni categoria di gioco per poterla sfruttare al meglio e bisogna creare un percorso per gli studenti interessati a creare una carriera e un lavoro basandosi sui videogiochi.

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Difatti gli “electronic sports” sono ormai da tempo una realtà affermata grazie a grandi multinazionali come l’Electronics Sports League (ESL) o la Blizzard Entertainment che organizzano tornei, competizioni e campionati a livello locale, regionale e nazionale. Rappresentano da un lato un’occasione d’oro per gli sviluppatori dei giochi che hanno la possibilità di far conoscere il proprio prodotto ad un gran numero di spettatori, dall’altro per molti giovani e talentuosi videogiocatori una realtà lavorativa promettente e significativa.

Dunque, un mondo nuovo e ancora tutto da scoprire, pieno di pregiudizi e disinformazione, ma che è importante conoscere e far conoscere.

Le immagini di questo articolo sono stati prodotti dall’Intelligenza Artificiale a seguito di istruzioni dell’autore.

*Studente Universitario

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